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Il "suicidio" di Peppino Impastato

04-05-2021

Carissimi amici, tra pochi giorni è il 9 maggio, un giorno che tutti ricordano per il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro. Sfugge però alla memoria che quella notte, tra l’8 e il 9 maggio, viene ritrovato un altro cadavere, meno conosciuto, anche meno ricordato, il cadavere di un ragazzo di trent’anni, uno dei tanti cadaveri sparsi dalla mafia nel nostro paese. É Giuseppe Impastato, per tutti Peppino, proprietario, redattore e anima di Radio AUT, che a Cinisi, un paese nei dintorni di Palermo, invita la popolazione a capire cosa sta succedendo a pochi passi dalle proprie abitazioni, a cento passi da casa sua. L’anno prima era morto suo padre, uno dei luogotenenti del boss mafioso della città. Ed è straordinario il solo pensare che, uscendo da una simile famiglia, quel ragazzo si sia iscritto a Democrazia Proletaria, e abbia inondato di parole e di prove contro i mafiosi l’ambiente connivente di Cinisi. Il boss è Gaetano Badalamenti, detto Tano, uno di quelli che ha contato davvero nella storia della malavita siciliana e poi statunitense, paese dove ha finito la sua vita in un carcere del Massachusetts nel 2004. Noncicredo vuole ricordare, attraverso questa puntata speciale, tutti i morti ammazzati dalla mafia, quelli eccellenti, come i giudici Falcone e Borsellino e quelli di cui non ricordiamo il nome, i giornalisti, i poliziotti, i cittadini e i loro parenti. Li ricordiamo tutti perché Peppino è un simbolo della lotta alla mafia. La mafia però non è solo quella ormai romantica della lupara e del sasso in bocca. Si è evoluita, è diventata impresa, si è trasferita nelle grandi città del Nord, ha attraversato i confini del nostro paese. La troviamo ovunque sia possibile fare soldi, sfruttando gli incassi illeciti, dovuti a rapimenti, estorsioni e, soprattutto, traffico di sostanze stupefacenti. Essere contro la mafia significa dunque, da un lato cercare di conoscere quel che è successo negli anni, e, dall’altro, avere comportamenti coerenti con la moralità, l’onestà, la convivenza civile con gli altri, la denuncia di comportamenti che vanno al di là della legge, sia della legge dello stato che di quella del bene comune. Se questo è il senso di essere mafiosi, guardandoci intorno vediamo troppi picciotti e troppi mammasantissima in uno stato in cui l’onestà (anche quella intellettuale) sembra essere diventato un optional non necessario alle nostre vite. Ecco dunque che in questa giornata vogliamo riproporre un lavoro che Radio Cooperativa ha realizzato assieme a sei amici di Vicenza, sei ragazzi straordinari, che si sono impegnati in un periodo terribile per tutti noi, quello del primo lockdown della primavera 2020, per realizzare il pezzo che tra poco ascolterete. Si tratta della lettura di alcune trasmissioni di Radio AUT, un lavoro di ricerca fatto con attenzione, rispetto e passione, che è straordinaria in ragazzi e ragazze che sono nati in un millennio diverso da quello dei fatti di cui parlano. Amche loro, come noi, sono convinti che essere contro la mafia NON può essere la partecipazione ad una giornata particolare, cui si pensa una volta l’anno. Si è contro la mafia sempre! I brani che i ragazzi di Vicenza hanno selezionato sono quelli che Peppino ha diffuso dalla sua radio. Il linguaggio è lo stesso, a volte provocatorio, a volte non propriamente da educande. Di questo avvertiamo gli ascoltatori, ma è bene si tenga conto che stiamo parlando della feccia della malavita organizzata, alla quale non è proprio possibile riservare un linguaggio diverso da questo. La vicenda di Peppino è resa ancora più clamorosa dal fatto che le indagini hanno subito bollato quel cadavere come uno di quei terroristi dell’extrasinistra, che voleva far saltare i binari vicino ai quali è stato trovato. All’epoca l’appartenere ad un gruppo extraparlamentare significava venire schedato in quel modo: un terrorista. In effetti, se proprio vogliamo trovare una giustificazione a questa interpretazione, un po’ di terrore Peppino lo aveva sparso a Cinisi. Altrimenti non sarebbe stato ammazzato dai sicari di quel Tano Badalamenti, condannato, per questo reato, solo più di vent’anni più tardi. Ma adesso è ora di lasciare spazio alla trasmissione, che abbiamo trasmesso l’anno scorso e che adesso vi riproponiamo. Alla fine del pezzo, vi faremo ascoltare un breve estratto dal film del 2000, “I cento passi” di Marco Tullio Giordana. Il film racconta la storia di Peppino Impastato, la cui morte, per gli inquirenti viene subito catalogata come suicidio, per l’imperizia del giovane nel tentativo di far saltare i binari della ferrovia. Crediamo sia utile ascoltare le parole che chiudono la vicenda. La scena si svolge nella notte in cui viene ritrovato il corpo di Peppino, fatto a brandelli dal tritolo. Un suo collaboratore legge, da radio AUT, questo messaggio, dal quale si capisce che, all’epoca, si poteva ben dire che non solo la mafia è una montagna di merda.

Categorie | Noncicredo 3.0

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Tipo di file: MP3 - Dimensione: 207,92MB - Durata: 1:30:50 m (320 kbps 44100 Hz)